Il datore di lavoro può controllare i siti web visitati dai dipendenti?

[Domanda di Serena, 29/10/2012] Un mio dipendente accede ai siti porno. E' possibile e lecito controllare il traffico web di un dipendente e giungere al licenziamento per giusta causa?

Risposta: Premesso che in ogni caso risulta auspicabile istituire controlli preventivi, ossia limitare la navigazione senza registrare le attività dei dipendenti, in linea di massima non è possibile accedere al contenuto della navigazione internet del dipendente.

Sul punto, con delibera del 01/03/2007 il Garante ha auspicato l'adozione da parte delle aziende di un disciplinare interno, definito coinvolgendo anche le rappresentanze sindacali, nel quale siano chiaramente indicate le regole per l'uso di Internet e della posta elettronica. Il datore di lavoro è inoltre chiamato ad adottare ogni misura in grado di prevenire il rischio di utilizzi impropri, così da ridurre controlli successivi sui lavoratori.

Per quanto riguarda Internet è opportuno ad esempio: individuare preventivamente i siti considerati correlati o meno con la prestazione lavorativa; utilizzare filtri che prevengano determinate operazioni, quali l'accesso a siti inseriti in una sorta di black list o il download di file musicali o multimediali.

Qualora queste misure preventive non fossero sufficienti a evitare comportamenti anomali, gli eventuali controlli da parte del datore di lavoro devono essere effettuati con gradualità. Innanzitutto mediante verifiche di reparto, di ufficio, di gruppo di lavoro, in modo da individuare l'area da richiamare all'osservanza delle regole. Solo successivamente, ripetendosi l'anomalia, si potrebbe passare a controlli su base individuale.

Va esclusa l'ammissibilità di controlli prolungati, costanti o indiscriminati.

I datori di lavoro se ricorrono i presupposti di cui all'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, possono effettuare lecitamente il trattamento dei dati personali diversi da quelli sensibili.

Ciò può avvenire:
a) se ricorrono gli estremi del legittimo esercizio di un diritto in sede giudiziaria (art. 24, comma 1, lett. f) del Codice );
b) in caso di valida manifestazione di un libero consenso;
c) anche in assenza del consenso, ma per effetto del presente provvedimento che individua un legittimo interesse al trattamento in applicazione della disciplina sul c.d. bilanciamento di interessi (art. 24, comma 1, lett. g), del Codice ).

In conclusione, non sempre vengono considerate sufficienti le indicazioni impartite dal datore di lavoro attraverso le varie policy.

Il controllo informatico risulta invece legittimo qualora preceduto da un'idonea informativa relativa al trattamento dei dati personali, con la quale si chiariscano preventivamente i tipi di controlli e le modalità degli stessi (es. presenza dell'interessato, coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, etc..).

In assenza di informativa, il datore di lavoro può legittimamente controllare l'indebito utilizzo dei beni aziendali solo qualora ciò non comporti un'indagine sui contenuti dei vari siti visitati dal lavoratore.

Vedi sul punto artt.3-7 della succitata delibera.
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