Licenziamento per Giusta Causa e Procedimento Penale
Il licenziamento per giusta causa di un lavoratore deve osservare, anche se non è dovuto il preavviso, la seguente procedura:
Il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo deve essere infatti intimato nella immediatezza dei fatti contestati, perché lasciar passare troppo tempo tra i fatti imputati e la contestazione può compromettere le possibilità di difesa del lavoratore.
Quando il datore di lavoro vuole licenziare un lavoratore con giusta causa, deve obbligatoriamente seguire determinate procedure che hanno l'obiettivo di salvaguardare la possibilità da parte del lavoratore di contestare il licenziamento. Il datore deve comunicare per iscritto il licenziamento e, qualora il lavoratore lo richieda, deve indicarne i motivi.
L'accertamento della giusta causa di licenziamento individuale è un procedimento del tutto autonomo rispetto a quello eventualmente di carattere penale il cui giudizio è ancora pendente e viene valutato dal Giudice.
Quando viene impugnato da parte del lavoratore il licenziamento per giusta causa, la valutazione da parte del Giudice della gravità del fatto è del tutto indipendente dall'omologo giudizio che viene svolto in sede penale. Quindi ad esempio è privo di giusta causa il licenziamento di un lavoratore per aver commesso fatti penalmente rilevanti, se il processo penale si è concluso con l'assoluzione (Trib.Milano 26/01/1982). E non sono fatti idonei ad integrare la giusta causa di licenziamento la pendenza di un procedimento penale per furto di auto avvenuto fuori dall'orario lavorativo e la condanna in primo grado con sentenza non passata in giudicato (Pret.Palermo, 06/11/1980).
- Contestazione della causa che ha giustificato il licenziamento. Oltre all'obbligo da parte del datore di lavoro di motivare il recesso in forma scritta (tramite lettera di licenziamento), vige anche l'obbligo di contestare al dipendente la causa del licenziamento, sia pure in forma generica, quando gli addebiti mossi al subordinato abbiano già formato oggetto di specifiche contestazioni che hanno determinato il licenziamento in tronco.
- Immediatezza della contestazione, in quanto il fatto che costituisce la giusta causa di licenziamento è talmente grave da non consentire (neppure in modo provvisorio) la prosecuzione del rapporto di lavoro.
- Immutabilità della causa contestata, nel senso che la causa che ha determinato la "giusta causa" non può essere successivamente modificata e sostituita con un'altra causa.
- Onere di provare la sussistenza della giusta causa: spetta al datore di lavoro la prova dell'esistenza di una giusta causa.
Il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo deve essere infatti intimato nella immediatezza dei fatti contestati, perché lasciar passare troppo tempo tra i fatti imputati e la contestazione può compromettere le possibilità di difesa del lavoratore.
Quando il datore di lavoro vuole licenziare un lavoratore con giusta causa, deve obbligatoriamente seguire determinate procedure che hanno l'obiettivo di salvaguardare la possibilità da parte del lavoratore di contestare il licenziamento. Il datore deve comunicare per iscritto il licenziamento e, qualora il lavoratore lo richieda, deve indicarne i motivi.
L'accertamento della giusta causa di licenziamento individuale è un procedimento del tutto autonomo rispetto a quello eventualmente di carattere penale il cui giudizio è ancora pendente e viene valutato dal Giudice.
Quando viene impugnato da parte del lavoratore il licenziamento per giusta causa, la valutazione da parte del Giudice della gravità del fatto è del tutto indipendente dall'omologo giudizio che viene svolto in sede penale. Quindi ad esempio è privo di giusta causa il licenziamento di un lavoratore per aver commesso fatti penalmente rilevanti, se il processo penale si è concluso con l'assoluzione (Trib.Milano 26/01/1982). E non sono fatti idonei ad integrare la giusta causa di licenziamento la pendenza di un procedimento penale per furto di auto avvenuto fuori dall'orario lavorativo e la condanna in primo grado con sentenza non passata in giudicato (Pret.Palermo, 06/11/1980).
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